lunedì 23 aprile 2012

Loretta Lux e i bambini in fuga dal mondo

La prima volta, ormai diversi anni fa, che scoprii il lavoro fotografico di Loretta Lux, rimasi impressionato da quest'arte pulita e ricercata. Adesso mi sento di poter formulare un giudizio più completo e meno adulatorio e inquadrare meglio questo fenomeno di arte ammiccante e figlia di un tempo confuso e alienante. Dunque ho cambiato occhi o la tempesta mi ha reso più duro? O ancora quest'arte non è sopravvissuta alla demolizione del tempo e del gusto?

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Ho deciso di riprendere a guardare il lavoro di Loretta Lux, perché anche se non recentissimo, adesso mi sento di poter formulare un giudizio più completo e meno adulatorio.
La prima volta che la scoprii, ormai diversi anni fa, rimasi impressionato da quest'arte pulita e luminosa. Adesso, a distanza di tempo, quando fotografie e fotografie son fluite strusciando sulle sponde del torrente dalle quali osservo il mondo dell'arte, le cose son cambiate e riesco ad inquadrare meglio questo fenomeno di arte ammiccante e figlia di un tempo confuso e alienato.
Dunque ho cambiato occhi o la tempesta mi ha reso più duro? O ancora, quest'arte non è sopravvissuta alla demolizione del tempo e del gusto?
Provo a scoprirlo riflettendo sulla personale fuga dal mondo di Loretta Lux.

Loretta Lux è nata nel 1969 a Dresda, nella Germania orientale. Vive e lavora a Monaco.
Una vita ordinaria, divisa tra cura dei gatti, il marito e una notevole dose di ore di fotoritocco al computer.

Prima di tutto, come realizza le sue immagini?
Sceglie soggetti somaticamente perfetti, solitamente bambini, li ritrae in pose molto semplici su fondali piatti. Terminata la fase più prettamente fotografica inizia il lunghissimo lavoro di compositing e ritocco. Lo scontorno delle figure e la difficile e meticolosa integrazione coi fondali fittizi, fotografici o pittorici, preparati con cura. Infine la pulizia di tutti gli elementi di disturbo, la regolazione di luci e toni.
Questo processo può durare anche diverse settimane.

photo by Loretta Lux

Il risultato è una serie di ritratti immaginari, simulacri di un'infanzia idealizzata, luogo astratto come un paradiso perduto nel quale è impossibile tornare o fuggire, un regno edificato sulle proiezioni estetiche dei nostri desideri.

Le fotografie di Loretta Lux son composizioni semplici che seguono un'organizzazione tipica della pittura. Geometrie, colori, ogni ingrediente proviene dal campo pittorico seppur cucinato in un contesto digitale, che definire "fotografico" sembra oramai quasi riduttivo o per lo meno improprio.


Tutta questa perfezione formale è una maschera che nasconde imperfezioni estetiche o "imperfezioni" di carattere più profondo. Un atto professato consapevolmente o no?
Oppure la riflessione che dobbiamo fare è che la nostra percezione dell'infanzia è avvolta nell'idea malsana che la perfezione sia annessa al concetto di infanzia, pertanto vale alterare/idealizzare anche la sua estetica?

"Essere un’esteta è una battaglia senza speranza di vittoria."

Trovo quest'affermazione una chiave di lettura del lavoro e al tempo stesso un punto debole.


photo by Loretta Lux

La ricerca di un'estetica perfetta da sovrapporre se non da sostituire alla visione del mondo, è un battaglia romantica e forse anche un po' limitante. L'idea di "pulire" ogni cosa da ogni bruttura è come imbastire un'immensa impresa di pulizia digitale che finisce per cancella anche quei piccoli frammenti che formano il punto di immersione. Mi spiego meglio facendomi aiutare dal concetto di "punctum" introdotto da Roland Barthes.
Se un'immagine risulta spoglia di appigli, anche di piccolissimi elementi di apertura, ovvero un qualche punctum che perfori la sua superficie piatta e permetta di immergersi in una dimensione terza, dunque si tratta di una tavola che assorbe luce e non la riflette, una tavolozza di bei colori e forme, citazioni e auto-riferimenti.
Annientando il punctum si annienta la terza dimensione, si annulla il margine di interazione dell'osservatore con l'oggetto osservato e la fotografia rimane quell'embrione dal quale è partita, un fotogramma bidimensionale, "assassinato a freddo".

La bambina Loretta cresciuta nella Germania comunista, al contatto con una realtà orribile e le soppressioni delle libertà, ci racconta che è in perenne fuga da quel caos, da quell'oppressione. Trova rifugio, come una bambina spaurita, nelle visioni di paesaggi rarefatti dai color pastello, con bambini assenti. Molti definiscono queste costruzioni "surrealiste", per me non hanno niente di surreale, non sorpassano la realtà, la accarezzano in una forma ben studiata e edonista.

Il rifugio dorato dei bambini è una gabbia in cui sopravvivono beati ma che li svuota, spenge la luce nei loro sguardi e li immerge in luminosi e diafani paesaggi in cui fluttuano senza trovare un senso. Li si potrebbe osservare e interrogare per ore perdendosi in un stato di sospensione o rapimento estatico senza catturarli mai nell'anima.
In alcuni percepisco come una sorta di quieto vivere, in altri un senso di attesa che qualcosa cambi, in altri ancora quasi una richiesta di aiuto o un desiderio di fuga.


photo by Loretta Lux
photo by Loretta Lux

photo by Loretta Lux

photo by Loretta Lux

photo by Loretta Lux

photo by Loretta Lux

photo by Loretta Lux

Uno sguardo al sito personale.

2 commenti:

  1. Sicuramente interessanti queste foto, a me colpisce soprattutto l'apatia e lo sguardo vuoto dei bambini che forse viene amplificato dalla purezza estetica della composizione.

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  2. Molto belle, la tua analisi sempre interessante. Mi sembrano figure eteree, al limite tra la realtà ed il sogno.

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