mercoledì 4 luglio 2012

la lettura: Susan Sontag, Sulla fotografia

Consiglio per la lettura del saggio Sulla fotografia della scrittrice americana Susan Sontag, un testo che non può e non deve mancare tra le letture di ogni fotografo e appassionato, è una raccolta di riflessioni che oltre a essere ben strutturata, risulta subito appassionante e ricca di spunti.
"Fotografare significa attribuire importanza."

Leggi tutto l'articolo »
Ho deciso di aprire una nuova rubrica per il blog, dedicata ai consigli per la lettura.
Comincio con un libro che tutti i fotografi (professionisti, amatori e chi ha ambizioni di migliorare il proprio approccio alla fotografia) dovrebbero leggere.
Si tratta di Sulla fotografia, saggio scritto da Susan Sontag, un testo che non può e non deve mancare tra le vostre letture, è una raccolta di riflessioni che oltre a essere ben strutturata, risulta subito appassionante e ricca di spunti.

Inizialmente decisi di affrontarlo come testo di studio. Mi resi conto fin dalle prime pagine della densità delle riflessioni. Ogni paragrafo conteneva quantità di informazioni e osservazioni sociologiche profonde sulla fotografia che con lo scopo di sottolineare i pezzi importanti avrei finito per lasciare fuori solo le note.


Sulla fotografia. Realtà e immagine nella nostra società è stato scritto nel 1977, rimane tuttavia molto attuale e un cardine per la comprensione ragionata della fotografia, i suoi effetti sulla società e lo spazio importante che si è ricavata nei decenni.
Questo testo fornisce molti strumenti a chi si vuole avvicinare alla fotografia con intelligenza e consapevolezza. Ha il grande merito di fare chiarezza, con un linguaggio pulito, immediato e accessibile a tutti.
Le parti più riuscite sono secondo me quelle storiche e che trattano del reportage, del foto-giornalismo, con i riferimenti alle guerre che hanno segnato la generazione della scrittrice, da quella in Vietnam alle prime immagini che si diffondevano dello sterminio nazista.


Chi è Susan Sontag?
E' una scrittrice americana (New York 1933, Parigi 2004), un'intellettuale antiaccademica spesso in guerra contro l'intellettualismo della critica.
Negli anni '80 iniziò una relazione con la fotografa Annie Leibovitz (della cui fotografia ho trattato in le storie fantastiche di Annie Leibovitz), durata fino alla morte della Sontag, per leucemia. Il sodalizio affettivo delle due donne si inserisce in un vivace contesto culturale, in cui i saggi dell'ebrea-americana di origine polacca Sontag e le fotografie prima delle band rock della Leibovitz e poi dello star system celebrano un punto altissimo della fotografia. Un sodalizio di mente e cuore, critica e genio.

Nei suoi scritti la Sontag propone una lettura immediata, per esaltare la parte erotica dell’arte: “ciò che è importante ora è riscoprire i nostri sensi. Dobbiamo imparare a vedere di più, ad ascoltare di più, a sentire di più”; che si inserisce nel discorso degli anni della rivoluzione sessuale e si può interpretare come un tentativo di appropriazione di quegli ideali per trasformarli in teoria estetica.



Susan Sontag in una fotografia di Robert Mapplethorpe

Ritornando allo specifico di Sulla fotografia, commoventi sono i riferimenti alle opere di Diane Arbus (della quale ho parlato in la mancanza di Diane Arbus), ai maestri della storia della fotografia americana come Walker Evans e Robert Frank.
Una parte corposa del libro affronta il problema dell'ambiguità della fotografia come strumento di conoscenza. Di quello che lei chiama "inventario", ovvero del potere che ha la nuova arte di intrappolare una quantità sempre maggiore di informazioni, oggetti, persone e luoghi del mondo. Sontag non ha fatto in tempo ad assistere all'irruzione del digitale e quell'inventario del mondo di cui lei anticipò l'avvento ora è meno visionario e comincia a formarsi come un inquietante archivio di immagini.

"La nostra è un'epoca nostalgica e i fotografi sono promotori attivi della nostalgia. La fotografia è un'arte elegiaca, un'arte crepuscolare. Quasi tutti i suoi soggetti, per il solo fatto di essere fotografati, sono tinti di pathos."

Fondamentale il discorso sull'etica del fotografo, accuratamente trattato. Secondo Susan Sontag il fotografo vive una condizione simile a quella del turista che s'immerge in una realtà, anche dolorosa, con la consapevolezza di poterne uscire in qualsiasi momento, c'è un confine rassicurante che si può sempre attraversare tra "l'io" che osserva e "loro" che soffrono, una condizione di privilegio esistenziale che dà i brividi, per altri il fotoreporter è poco più di un entomologo che guarda gli esseri umani con distacco, senza una vera empatia con la realtà che sta documentando, la professionalità supera di molto l'umanità del suo sguardo.
Ma la stessa cosa si può dire del lettore e di chi usufruisce dell'informazione.

Susan Sontag in una fotografia di Annie Leibovitz

Vi lascio con qualche estratto dal libro che ritengo molto interessante.

"L'umanità si attarda nella grotta di Platone, continuando a dilettarsi, per abitudine secolare, di semplici immagini della verità ma esser stati educati dalle fotografie non è come esser stati educati da immagini più antiche e più artigianali: oggi sono molto più numerose le immagini che richiedono la nostra attenzione; l’inventario è cominciato nel 1839 e da allora è stato fotografato quasi tutto, o almeno così pare; questa insaziabilità dell’occhio fotografico modifica le condizioni di prigionia in quella grotta che è il nostro mondo; insegnandoci un nuovo codice visivo, le fotografie alterano e ampliano le nostre nozioni di ciò che val la pena guardare e di ciò che abbiamo il diritto di osservare; la conseguenza più grandiosa della fotografia è che ci dà la sensazione di poter avere in testa il mondo intero, come antologia di immagini; nelle fotografie l’immagine è anche un oggetto, leggero, poco costoso, facile da portarsi appresso, da accumulare, da conservare
Le fotografie sono forse i più misteriosi tra gli oggetti che formano, dandogli spessore, quell'ambiente che noi definiamo moderno. Esse sono in realtà esperienza catturata, e la macchina fotografica è l'arma ideale di una consapevolezza di tipo acquisitivo.
Fotografare significa infatti appropriarsi della cosa che si fotografa. Significa stabile con il mondo una relaziona particolare che dà una sensazione di conoscenza, e quindi di potere.”

"Insegnandoci un nuovo codice visivo, le fotografie alterano e ampliano le nostre nozioni di ciò che val la pena guardare e di ciò che abbiamo il diritto di osservare. Sono una grammatica e, cosa ancor più importante, un'etica della visione."



Per chi desidera acquistare il libro (su Amazon), ecco il link:
Susan Sontag - Sulla fotografia. Realtà e immagine nella nostra società
14.45€, Einaudi


Un salto sulla pagina dedicata a Susan Sontag su Wikipedia per scoprire di più della sua vita.

5 commenti:

  1. excellent article.
    http://www.agonistica.com

    RispondiElimina
  2. «La fotografia è diventata uno dei principali meccanismi per provare qualcosa, per dare una sembianza di partecipazione».

    RispondiElimina
  3. Articolo molto ben scritto, vado subito a comprare il libro della Sontag :-)

    RispondiElimina
  4. Credo che lo comprerò, mi incuriosiva prima di leggere le sue righe mi incuriosisce e mi attrae molto di più ora.

    RispondiElimina
  5. Susan Sontag ha una qualità di sguardo e di pensiero mai scontati, mai banali, sempre lucidi e anticipatori: illuminanti. Apprezzo l'articolo su La Lettura e le considerazioni sul libro "Sulla fotografia".

    RispondiElimina