mercoledì 19 dicembre 2012

Irene Kung e il teatro notturno della città

"Amo l'oscurità che mi permette di illuminare quello che mi piace".
Così la fotografa svizzera Irene Kung ci introduce la serie fotografica di edifici immersi in un'oscurità in cui la luce è il pennello con cui dipinge le scenografie di una scena teatrale.

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"Amo l'oscurità che mi permette di illuminare quello che mi piace". Così la fotografa svizzera Irene Kung ci introduce la serie fotografica di edifici immersi in un'oscurità in cui la luce è il pennello con cui dipinge le scenografie di una scena teatrale.

"Oltre il reale" è la mostra che lo Spazio Forma di Milano le ha dedicato.

Dalle recensioni e commenti che ho letto sul lavoro di Irene Kung risulta centrale, ed è innegabile ammetterlo, l'argomento della qualità estetica.
Mai come in queste immagini vale la definizione di fotografia, ovvero scrittura di luce. La penna che scrive con la luce diventa lo strumento principale per tracciare, graffiare, evidenziare, definire i profili degli edifici, le sfaccettature dei particolari decorativi dei monumenti, la maestosità e anche il fascino misterioso delle costruzioni nella notte.

Dunque oscurità e luce, gli ingredienti essenziali con i quali Irene Kung edifica un mondo semi-nascosto, che si svela in progressione lenta, elegante e controllata. La maggior parte dei suoi soggetti è conosciuta, anzi molto conosciuta.
Tutti i fotografi, ma anche chi è alle prime, son ben consci della sfida che i monumenti sono il centro di attrazione di migliaia, se non milioni, di scatti. Mi capita spesso nelle miei recensioni di imbattermi e sbattere su questo spinoso aspetto, ripeto infinite volte i consigli ai fotoamatori di interpretare in chiave personale gli edifici celebri, non limitarsi a ritrarli come qualunque altro osservatore. Non rendersi intercambiabili.
E' una sfida dura che sovente si esaurisce nel manierismo, nell'originalità forzata o solitamente in qualcosa di già visto e consumato.
I notturni di Irene Kung riescono dove i più falliscono. Non esaspera la rappresentazione del monumento, lo protegge dalla violenza dello sguardo di un osservatore vorace, lo preserva e ce lo presenta per quello che effettivamente è, senza artifici seppur non limitandosi a questo. Le sue fotografie fluttuano in un vuoto scurissimo, il notturno è la tavolozza scura sulla quale l'emulsione raggruma la materia sensibile per disegnare con la luce.
C'è qualcosa di incompiuto e misterioso. Lo sguardo è costretto a soffermarsi, a rivalutare una memoria dell'edificio, che riteneva già completa e categorizzata.
La bellezza di queste immagini consiste in questo conturbante desiderio di possederle, farci comprendere come un monumento celebre e conosciutissimo conservi una qualità di purezza e di inconsueto. Perché tutto si astrae.

La mia preferita, forse perché anche la più coraggiosa, è la Torre Velasca di Milano, un palazzo ingiustamente bistrattato e che invece la Kung recupera con tutto il suo carico di magia. Sembra uscita dalla matita di un disegnatore di favole, come un fungo su un prato scuro sulla cui cupola si accendono tante piccole lamelle.


Torre Velasca, Milano - Irene Kung

Stranamente collego riferimenti fotograficamente lontani, le peregrinazioni notturne dei maestri della fotografia di inizio novecento, da Brassai in poi. La notte cittadina è qui lontanissima, spogliata dai tratti sociali e umani di quel naturalismo francese così attento a raccontare la vita nelle strade, nei locali affollati. La città con i suoi rumori è assente, ripulita, esteriorizzata in uno scenario surreale. Apparentemente non vissuta, se non come espressione del genio e della capacità architettonica umana.

Perché il teatro notturno della città?
Perché il palcoscenico è sul tempo che rimane immobile, la luce che lo definisce, la scena teatrale che rimane vuota e che solo al termine della rappresentazione comprendiamo che è proprio essa stessa la protagonista.
Perché gli attori qui son ammassi di pietre, levigate, decorate, acciaio e finestre illuminate. Una notte che sogna, che si interroga sulla presenza dell'uomo e sull'impronta che lascia nella città, ma che prima di tutto usa i raggi luminosi per tracciare i profili di un mondo da assaporare, conosciutissimo eppur inedito.



Consiglio il bellissimo volume appena uscito (novembre 2012) che raccoglie tutte le fotografie delle serie che ho qui discusso.

Irene Kung - La città invisibile
edito da Contrasto
33,15€



Duomo di Milano - Irene Kung

Galleria Vittorio Emanuele II, Milano - Irene Kung

Colosseo, Roma - Irene Kung

Chrysler Building, New York - Irene Kung

Irene Kung

Tour Eiffel - Irene Kung

Cibeles, Madrid - Irene Kung


Nel seguente video l'artista si racconta e mostra le sue fotografie esposte nella galleria Forma di Milano.

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