lunedì 7 marzo 2011

la mancanza di Diane Arbus

Si naviga tra centinaia di fotografie, ogni giorno, ogni attimo è saturato da immagini provenienti dai più svariati "emanatori", una sbornia di immagini, spesso senza scrupoli etici, anche più spesso per noiosi fini commerciali... e in questi momenti che sento la mancanza di Diane Arbus.
Sento la mancanza di quella purezza del vedere e del sentire, del rapportarsi in maniera onesta al soggetto, alla "persona", anche se si tratta di freaks.

Diane Arbus

"Molte persone vivono nel timore di poter subire qualche esperienza traumatica. I freaks sono nati con il loro trauma. Hanno già superato il loro test, nella vita. Sono degli aristocratici."


Diane Nemerov (mantiene il nome di Arbus dopo il matrimonio con Allan), (1923 – 1971) è una fotografa statunitense di origini russe. Divenuta celebre per le fotografie che ritraggono persone ai margini, travestiti, nani, giganti e prostitute, ma anche normali cittadini in pose e atteggiamenti che trasmettono un senso di inquietudine e la sensazione che qualcosa sia sbagliato o comunque strano.
Incontra illustri personaggi come Robert Frank, Richard Avedon e Louis Faurer, ma anche un giovane fotografo, Stanley Kubrick, che anni più tardi in "Shining" le renderà omaggio con una celebre citazione nell'allucinatoria apparizione di due minacciose gemelline.

Non si può negare una partecipazione emotiva, eppure si evince un certo distacco, un’empatia non sentimentale: una forma di reciproca accettazione, in virtù della quale la fotografa non mostra compassione per i fotografati, che non la chiedono, perché non esprimono disagio o sofferenza per il proprio esser “strani”, quasi lo apparissero solo ai nostri occhi (come sostiene Rosa Maria Puglisi).

Sebbene questo approccio possa a prima vista essere tacciato per morbosamente voyeuristico, tuttavia non sminuiva i suoi soggetti, bensì riusciva a raccontare, con un'imprevedibile tenerezza la diversità. Una malefica attrazione, una fascinazione "perversa" che finisce per denunciare l’arbitrarietà dei tabù e il grottesco del giudizio.

photo by Diane Arbus

Un giorno disse "I always thought of photography as a naughty thing to do - that was one of my favorite things about it, and when I first did it, I felt very perverse."
Che più o meno si traduce così: "Ho sempre pensato alla fotografia come a una cosa indecente, e le prime volte che l'ho praticata mi sono sentita perversa."

photo by Diane Arbus

Il 26 luglio 1971, forse vittima della sua depressione, si suicida. Aveva 48 anni.
Diane Arbus obbliga ad interrogarci sulla moralità dietro fotografia. Per lei era giusto far uso di queste persone come soggetti e mostrarle spesso in questa cattiva luce? O semplicemente ci mostra una verità di frequente brutta? Aveva un'innata capacità di scoprire lo straordinario nell'ordinario.

Si, mi manca Diane Arbus, la sua sensibilità e capacità di raccontare l'altro, la diversità "normale", senza intromettere un giudizio, "solo" con l'uso di una mano delicata che immortala un mondo tanto particolare, tanto specifico da raccontare la vita stessa nel suo complesso.

"Tu vedi una persona per la strada, e la cosa fondamentale che noti è il suo difetto."

photo by Diane Arbus

Per approfondire rimando a Wikipedia.

7 commenti:

  1. Verissima l'ultima frase.

    In generale penso che mostrare attenzione verso le persone strane sia giusto, anche solo per andare contro la propaganda massmediatica dei corpi splendidi, come plastificati, dei sorrisoni delle coppiette che in realtà sbuffano o s'ammazzano.

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  2. Da completo ignorante la scoprii in Fur, a mio parere la Kidman ne ha dato una interpretazione molto intensa. Da quel giorno sono rimasto molto affascinato dal personaggio e dall'artista. Il film è romanzato ma la sua storia con il freak interpretato da Downing jr. dimostra il suo forte legame e la sua grande comprensione di quell'universo. E' sempre frustrante avvicinarsi al mondo della fotografia da neofita e sopratutto tramite un film ma lo raccomando vivamente. Bravo Sandro per averne parlato.

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  3. Mi permetto da dissentire esprimeno quella che è solo un mio personalissimo pensiero e come tale magari anche sbagliato. Io non ne sento la mancanza aveva una visione della degli altri e della vita non tenera, ma agghiacciante in cui esprime il suo giudizio sulla vita, giudizio che prende forma nel suo suicidio. Basta vedere la foto del ragazzino con la e bomba a mano. Gli ha scattato diverse foto e dai negativi si vede che in tutte è un bambino assolutamnete normale allegro e sereno (come lo possono essere i bambini di quell'età almeno) ed erano foto assolutamente "normali". Lei ha scelto l'unica in cui appare (istigato da lei stessa a quanto poi ha raccontato) quasi uno psicopatico e ci ha presenta quella sua personalissima visione. Onestamente non sento la mancanza di questa sprezzante visione del mondo anche se mi rendo conto che serve.

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  4. La storia del ragazzo con la granata non deve, secondo me, essere fraintesa. Non c'era un intento di violare il suo modo di essere, ma di far emergere una verità. Il girare attorno al ragazzino, il fatto di averlo reso impaziente, ha regalato alla Arbus esattamente quello che cercava, uno spiraglio, una breccia. Non è tanto un ragazzo violento che gioca con una granata, ma un "gioco da bambini", ignari del mondo e quindi veri e vulnerabili, nel bene e nel male. E dunque quell'espressione sul volto fa parte del gioco e del suo essere, c'è, è sua, è vera come la sua reazione che gli fa dimenticare l'oggetto che ha in mano e che quasi si trasforma inconsapevolmente in arma.
    Per scavare nella psicologia delle persone, per raccontare le specificità, i freaks, gli alienati ma anche tutta la gente "normale", occorre scrostare la superficie e Diane Arbus aveva questo dono, cioè riuscire a guardare alla bellezza e alla perfezione del mondo con profondità, senza frapporre un pregiudizio ma con un occhio aperto in grado riprendere il buono e il cattivo senza scinderli o categorizzarli, ma fonderli in un grande affresco.

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  5. Infatti la straordinarietà di questa fotografa sta proprio nell'insinuare in ciascuno di noi il dubbio sul confine tra "normale" e "freak", sempre che esista questo confine...

    Anna

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  6. credo che il rapporto della arbus con i freak vada al di là delle foto lei ha un rapporto di vera amicizia e comprensione con queste persone,ma nn ritengo provi affetto ne amore una personalità di grande spessore che difficilmente può essere capita e supportata da persone che non abbiano una sensibilità eccezionale

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